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Paolo Ioele 25/09/2021 0

Legittimo il licenziamento per chi offende un Collega di Lavoro

Con Ordinanza del 17.09.2021, il Tribunale di Salerno - sezione lavoro - rigetta il ricorso, avente ad oggetto l' impugnativa di licenziamento, di un dipendente, il quale si era reso protagonista di comportamento inurbano nei confronti di una collega di lavoro.

Infatti il lavoratore, durante l'orario di lavoro, aggrediva verbalmente una collega definendola "ignorante", in presenza di altre persone.

La società - patrocinata in giudizio dallo Studio Ioele - si vedeva costretta, per tale condotta, a comminare il licenziamento per giusta causa ex art. 2119 c.c.

Il provvedimento veniva impugnato dal dipendente sulla base di asseriti motivi ritorsivi perpretati in suo danno dal datore di lavoro.

Dopo una intensa istruttoria nella quale venivano ascoltati diversi testimoni, il Giudice del Lavoro  - udite le conclusioni dei difensori  - osservava: 

" Il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento

il ricorrente impugna il licenziamento irrogatogli dalla Società innanzitutto sotto il profilo del carattere ritorsivo del provvedimento espulsivo . Il ricorrente , infatti , sostiene che il licenziamento avrebbe come unico motivo illecito e determinante la reazione della società a leciti comportamenti da lui posti in essere per rivendicare i diritti nascenti dal rapporto di lavoro e , in particolare , il giusto inquadramento contrattuale.

Detto motivo di doglianza è tuttavia privo di fondamento . La Suprema Corte di Cassazione , infatti , è ferma nel ritenere che per affermare il carattere ritorsivo e quindi la nullità del provvedimento espulsivo , in quando fondato su un motivo illecito , occorre specificamente dimostrare che l’intento discriminatorio e di rappresaglia per l’attività svolta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro , anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso. (Cass. n. 9468 del 4.4.2019; Cass. 27325/2017 ) .

La natura ritorsiva del licenziamento non solo deve essere provata dal lavoratore , ma deve emergere come causa determinante del recesso , nel senso che l’ingiusta e arbitraria reazione deve costituire l’unica ragione del provvedimento espulsivo (Cass. n. 14753 del 2000).

In tali casi , quindi , è necessario dimostrare che il recesso sia stato motivato esclusivamente da un intento vendicativo da parte del datore di lavoro a fronte di una condotta legittima del lavoratore

nel caso di specie , la prova orale ha confermato che il ricorrente ha effettivamente posto in essere la condotta contestata con la lettera di addebito e la stessa descrizione dei fatti operata in ricorso conferma gli ulteriori addebiti menzionati nella lettera di licenziamento evidenziando come il provvedimento espulsivo abbia rappresentato la conseguenza , non di legittime rivendicazioni del lavoratore , quanto piuttosto la reazione ai perduranti comportamenti scorretti e insubordinati tenuti dallo stesso .

Ed invero , i  testimoni escussi nel corso dell’istruttoria hanno riportato in maniera puntuale i fatti accaduti  confermando l’oggetto della contestazione , vale a dire il tono aggressivo utilizzato dal ricorrente nei confronti di altra lavoratrice , tale da crearle uno stato di malessere e l’allontanamento dal lavoro , la presenza in azienda di terze persone che , pur stazionando in una stanza diversa , udivano i toni del colloquio tanto che si rendeva necessario intervenire nei confronti del ricorrente perché moderasse i toni, l’assenza di un rapporto di gerarchia tra il ricorrente e la collega aggredita..."

Emerge, dunque, la condatta inurbana adottata dal dipendente nei confronti della collega  e ciò a prescindere dal ruolo gerarchicamente sovraordinato che il ricorrente asserisce di aver rivestito. Anche una posizione di potere , infatti , non può giustificare i toni offensivi e lesivi della dignità della lavoratrice utilizzati nell’episodio in questione , nel quale la malcapitata viene tacciata di ignoranza e ironicamente carente di fosforo.

Viene così confermata la legittimità del licenziamento, anche perchè con il suo comportamento, il ricorrente ha alterato, altresì, la funzionalità aziendale determinando l’abbandono del posto di lavoro da parte della collega offesa ed il suo malessere, ledendo l’immagine aziendale per la presenza di soggetti terzi .

per maggiori info, scrivi a segreteria@studioioele.it

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Paolo Ioele 25/08/2021 0

Licenziamento per giusta causa: recente ordinanza

E' del 24 Agosto 2021 una interessante ordinanza del Tribunale di Vicenza che ha respinto l'impugnativa del lavoratore, avverso il licenziamento comminato da società patrocinata dalllo Studio Legale Ioele.

Il ricorrente ha impugnato il licenziamento disciplinare intimatogli, a seguito di due contestazioni disciplinari, per le seguenti condotte: a) rifiuto di lasciare il veicolo in azienda , in quanto il giorno successivo non avrebbe potuto lavorare perché sospeso dal lavoro in via disciplinare; b) presentazione in azienda il giorno successivo, nonostante la comunicazione della sospensione dal servizio, con la pretesa di svolgere l’attività lavorativa, tanto da costringere il responsabile del sito a chiedere l’intervento della forza pubblica.

Il ricorrente ha impugnato il licenziamento per i seguenti motivi: a) natura discriminatoria per la sua appartenenza sindacale; b) mancanza di un fatto contestato per la genericità della contestazione; c) insussistenza dei fatti contestati e della recidiva; d) applicabilità al fatto di una sanzione conservativa; e) violazione del CCNL per l’applicazione della sanzione prima dello scadere dello spatium deliberandi di 10 giorni.

Il Giudice del Lavoro, dopo aver escusso i testimoni, riteneva che i fatti oggetto delle contestazioni disciplinari dovevano ritenersi provati.

In questo senso, la gravità dei fatti va rinvenuta nella ripetuta insubordinazione da parte del ricorrente, tanto del provvedimento di sospensione che della direttiva di lasciare in magazzino l’automezzo; quest’ultima richiesta non aveva certo la natura emulativa che il ricorrente intendeva attribuirle, dal momento che la messa a disposizione del mezzo, peraltro richiesta esplicitamente dal datore di lavoto, era stata ritenuta dal responsabile, funzionale alle esigenze dell’impresa.

Proprio l’intensità dell’elemento soggettivo, manifestata dalla ripetuta violazione dell’ordine di messa a disposizione dell’automezzo e dalla provocatoria presenza in azienda pur in presenza di provvedimento di sospensione disciplinare  conferiscono all’insubordinazione del ricorrente quella gravità tale da legittimarne il licenziamento per giusta causa di cui all'art. 2119 c.c.

Le considerazioni che precedono portano quindi a escludere anche la natura discriminatoria del licenziamento.

Quanto al motivo di impugnazione incentrato sulla riferibilità della condotta a violazioni per le quali il CCNL prevede l’applicazione di una sanzione conservativa, l'ordinanza precisava che  il motivo era formulato genericamente, senza alcun riferimento alla specifica disciplina del contratto collettivo.

Quanto al motivo di impugnazione sub e), andava rilevato quanto segue.

A tal fine il ccnl disponeva, che  “ Il lavoratore, entro il termine perentorio di 10 giorni dalla data di ricevimento della contestazione, potrà chiedere di essere sentito a sua difesa con la facoltà di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. 8. La sanzione disciplinare dovrà essere inviata dall’impresa al lavoratore entro e non oltre 20 giorni dalla scadenza del termine di 10 giorni stabilito dal precedente comma 7.”

Nel caso in esame, il Tribunale di Vicenza non individuava alcuna  violazione procedurale, dal momento che il termine dilatorio di 10 giorni è riferito all’ipotesi in cui il lavoratore chieda di essere sentito con l’assistenza dell’organizzazione sindacale di appartenenza e non, come nel caso in esame, quando renda per iscritto le proprie giustificazioni. In ogni caso, il licenziamento è stato comunicato l’11° giorno successivo alla contestazione disciplinare.

Pertanto il ricorso del lavoratore veniva rigettato con conseguente declaratoria di legittimità del licenziamento così come intimato.

per maggiori info scrivi a : segreteria@studioioele.it

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