Licenziamento per giusta causa: Novità Cassazione
Legittimo il licenziamento disciplinare del lavoratore che trattiene somme pagate dai clienti
Paolo Ioele 10/01/2023 0
Risulta legittimo il licenziamento disciplinare del lavoratore che trattiene le somme pagate dai clienti senza consegnare l'incasso alla società e , nel caso in questione, alcun titolo di viaggio. Lo prevede la sentenza n. 37326/2022 della Corte di Cassazione.
i giudici hanno così respinto il ricorso di un autista di autobus , destinatario di recesso per giusta causa - da parte di importante società del settore TPL patrocinata e difesa dallo Studio Ioele - i cui addebiti erano stati contestati conseguentemente ad una indagine investigativa, per aver incassato somme di denaro senza il rilascio del titolo di viaggioe non avendo consegnato all'azienda le somme in questione.
il lavoratore, dunque, si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando il mancato rispetto del principio di specificità della contestazione e di immediatezza del recesso.
La corte di legittimità ha giudicato inammissibili le doglianze del momento che implicavano un accertamento in fatto di competenza del giudice di merito.
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Paolo Ioele 15/01/2022
Legge di Bilancio 2022- Novità in materia di Lavoro e Previdenza
Si evidenziano di seguito le principali disposizioni introdotte dalla Legge di Bilancio 2022 in materia di lavoro e previdenza. E’ esclusa dall’illustrazione la riforma degli ammortizzatori sociali
Quota 102 (art. 1, commi 87 e 88) – In sostituzione di quota 100 è stata intro-dotta per il 2022 quota 102, ossia la possibilità per i lavoratori di conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento dell’età anagrafica di almeno 64 anni (an-ziché 62 come per quota 100) e di un’anzianità contributiva di almeno 38 anni (come per quota 100). Tra la maturazione del diritto e l’accesso alla pensione devono tra-scorrere 3 mesi. Sarà possibile accedere alla nuova quota anche oltre il 2022 purché i predetti requisiti siano stati maturati entro quest’anno. Ovviamente resta aperto l’annoso dibattito politico sindacale per la riforma strutturale delle pensioni.
APE Sociale e lavori usuranti (art. 1 commi da 91 a 93 e all. 3) – E’ stata prorogata fino al 31 dicembre 2022 l’APE sociale (legge n. 232/2016), ossia la pos-sibilità di accedere al pensionamento anticipato riconosciuta a particolari categorie di soggetti svantaggiati tra cui lavoratori con almeno 63 anni di età e 36 anni di contri-buti che abbiano svolto attività usuranti in almeno 7 anni negli ultimi 10 ovvero in almeno 6 anni negli ultimi 7. Sono state altresì ampliate le attività ritenute usuranti facendovi rientrare tra le altre le seguenti professioni: addetti alla gestione dei ma-gazzini e professioni assimilate, conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di solle-vamento e personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci.
Opzione donna (art. 1, comma 94) – E’ stata prorogata per tutto il 2022 la cosid-detta opzione donna, ossia la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione anti-cipata avendo maturato al 31 dicembre 2021 un età pari o superiore a 58 anni o a 59 anni (rispettivamente se dipendenti o autonome) e almeno 35 anni di contributi.
Esonero contributivo per assunzione lavoratori di aziende in crisi (art. 1, comma 119) – L’esonero contributivo attualmente previsto per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani con meno di 36 anni sarà riconosciuto ai datori di lavoro che nel corso del 2022 assumano a tempo indeterminato lavoratori di qualsiasi età provenienti da aziende per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale ai sensi della legge n. 296/2006. L’esonero è pari al 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, nel limite di 6 mila euro annui, per un periodo di 3 anni ovvero 4 anni qualora l’assunzione avvenga in una sede o unità produttiva localizzata al Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Pu-glia, Calabria e Sardegna).
Congedo di paternità (art.1, comma 134) – Da quest’anno diventa strutturale il congedo di paternità obbligatorio e facoltativo, rispettivamente di 10 giorni e 1 giorno (quest’ultimo da fruire in sostituzione della madre e in accordo con la stessa). Si rammenta che il congedo sia obbligatorio che facoltativo va fruito entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio.
Esonero contributivo lavoratrici madri (art. 1, comma 137) – In via sperimen-tale per quest’anno sarà riconosciuto, alle lavoratrici madri che rientrano al lavoro dopo il congedo di maternità, l’esonero per un anno del 50% dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico. Resta ferma l’aliquota di computo delle presta-zioni pensionistiche.
Contratto di espansione (art. 1, comma 215) – E’ stata estesa fino al 2023 la sperimentazione del contratto di espansione che da quest’anno riguarda anche le imprese con almeno 50 dipendenti (in precedenza oltre 1000 dipendenti mentre per 2 il solo 2021 almeno 100 dipendenti). Come è noto tale strumento, previsto dal D.lgvo 148/2015, consente alle imprese di gestire processi di riorganizzazione del lavoro tramite una serie di interventi tra cui percorsi di esodo incentivato per i dipendenti che si trovano a non più di 5 anni dalla pensione (di vecchiaia o anzianità) o ricorso alla cassa integrazione straordinaria per un periodo massimo di 18 mesi non conteg-giabile nel quinquennio di riferimento, in deroga ai limiti di durata previsti dalla disci-plina sugli ammortizzatori sociali.
NASPI (art. 1, commi 221 e 222) – Al fine di estendere la concessione della NASPI (indennità di disoccupazione per i lavoratori dipendenti) ad un maggior numero di beneficiari è stata mantenuta anche per il 2022 l’eliminazione del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccu-pazione; pertanto fino al 31 dicembre p.v. i requisiti per accedere alla NASPI sono solamente lo stato di disoccupazione involontaria e le 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti il periodo di disoccupazione.
DISCOLL (art. 1, comma 223) – Sono state introdotte una serie di novità in merito all’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordi-nata e continuativa tra cui si segnalano la riduzione dell’indennità del 3% a partire dal sesto mese di fruizione (in precedenza dal quarto mese), la riduzione a 12 mesi (in precedenza 6 mesi) del periodo per cui l’indennità può essere corrisposta nonché l’introduzione del riconoscimento della contribuzione figurativa.
Delocalizzazioni (art. 1, commi da 224 a 236) – Sono stati introdotti alcuni vin-coli procedurali in capo alle aziende con almeno 250 dipendenti che intendono chiu-dere sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo situato in Italia procedendo a un numero di licenziamenti non inferiore a 50. In particolare tali aziende saranno tenute a darne comunicazione preventiva, almeno 90 giorni prima dell’avvio della procedura di licenziamento, a Ministero del Lavoro, ANPAL, Regioni e organizzazioni sindacali nonché a elaborare un piano per limitare le ricadute occupazionali ed eco-nomiche derivanti dalla chiusura da presentare entro 60 giorni dalla comunicazione preventiva. Il mancato rispetto di tale procedura comporta la nullità del licenziamento e l’obbligo di versamento da parte del datore di lavoro del doppio del contributo di licenziamento.
Fondi interprofessionali per la formazione continua (art. 1, commi 241 e 242) – E’ stato previsto che i Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua (come FORTE e FONDIR per il settore terziario) possano altresì finanziare, in tutto o in parte, piani formativi aziendali di incremento delle competenze dei lavo-ratori destinatari di trattamenti o assegni di integrazione salariale in costanza di rap-porto di lavoro. Per il 2022 e il 2023 sarà definito il rimborso spettante ai Fondi in questione, qualora realizzino i finanziamenti di cui sopra, del prelievo forzoso annuale a cui gli stessi Fondi sono sottoposti ai sensi dell’art. 1, comma 722 della legge 190/2014.
Incentivo all’assunzione di lavoratori in CIGS (art. 1, commi 243 e 244) – E’ stato introdotto un incentivo per i datori di lavoro che assumono a tempo indetermi-nato lavoratori in CIGS aderenti ad un accordo di transizione occupazionale (finaliz-zato ad interventi di recupero occupazionale e all’utilizzo di politiche attive dirette alla rioccupazione dei lavoratori). Tale incentivo consiste nel riconoscimento di un contri-buto mensile, per un massimo di 12 mesi, pari al 50% dell’ammontare del tratta-mento straordinario di integrazione salariale che sarebbe stato corrisposto al lavora-tore. Per accedere al beneficio è necessario che, nei 6 mesi precedenti l’assunzione, non siano stati effettuati nella medesima unità operativa licenziamenti collettivi (legge n. 223/1991) o licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo (legge n. 604/1966).
Sgravio contributivo per l’assunzione di apprendisti di primo livello (art. 1, comma 645) – E’ stato prorogato anche per quest’anno l’incentivo, già previsto dalla legge n. 160/2019 e dal DL 137/2020, che prevede lo sgravio totale dei contributi dovuti nei primi tre anni di contratto per i datori di lavoro fino a 9 dipendenti che assumono apprendisti di primo livello. Come è noto tale tipologia di apprendistato è rivolta a giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni ed è finalizzata al conseguimento della qualifica e del diploma professionale, del diploma di istruzione secondaria supe-riore e del certificato di specializzazione tecnica superiore (D.lgvo n. 81/2015). Per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo, resta confer-mata l’aliquota del 10%
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Paolo Ioele 25/08/2021
Licenziamento per giusta causa: recente ordinanza
E' del 24 Agosto 2021 una interessante ordinanza del Tribunale di Vicenza che ha respinto l'impugnativa del lavoratore, avverso il licenziamento comminato da società patrocinata dalllo Studio Legale Ioele.
Il ricorrente ha impugnato il licenziamento disciplinare intimatogli, a seguito di due contestazioni disciplinari, per le seguenti condotte: a) rifiuto di lasciare il veicolo in azienda , in quanto il giorno successivo non avrebbe potuto lavorare perché sospeso dal lavoro in via disciplinare; b) presentazione in azienda il giorno successivo, nonostante la comunicazione della sospensione dal servizio, con la pretesa di svolgere l’attività lavorativa, tanto da costringere il responsabile del sito a chiedere l’intervento della forza pubblica.
Il ricorrente ha impugnato il licenziamento per i seguenti motivi: a) natura discriminatoria per la sua appartenenza sindacale; b) mancanza di un fatto contestato per la genericità della contestazione; c) insussistenza dei fatti contestati e della recidiva; d) applicabilità al fatto di una sanzione conservativa; e) violazione del CCNL per l’applicazione della sanzione prima dello scadere dello spatium deliberandi di 10 giorni.
Il Giudice del Lavoro, dopo aver escusso i testimoni, riteneva che i fatti oggetto delle contestazioni disciplinari dovevano ritenersi provati.
In questo senso, la gravità dei fatti va rinvenuta nella ripetuta insubordinazione da parte del ricorrente, tanto del provvedimento di sospensione che della direttiva di lasciare in magazzino l’automezzo; quest’ultima richiesta non aveva certo la natura emulativa che il ricorrente intendeva attribuirle, dal momento che la messa a disposizione del mezzo, peraltro richiesta esplicitamente dal datore di lavoto, era stata ritenuta dal responsabile, funzionale alle esigenze dell’impresa.
Proprio l’intensità dell’elemento soggettivo, manifestata dalla ripetuta violazione dell’ordine di messa a disposizione dell’automezzo e dalla provocatoria presenza in azienda pur in presenza di provvedimento di sospensione disciplinare conferiscono all’insubordinazione del ricorrente quella gravità tale da legittimarne il licenziamento per giusta causa di cui all'art. 2119 c.c.
Le considerazioni che precedono portano quindi a escludere anche la natura discriminatoria del licenziamento.
Quanto al motivo di impugnazione incentrato sulla riferibilità della condotta a violazioni per le quali il CCNL prevede l’applicazione di una sanzione conservativa, l'ordinanza precisava che il motivo era formulato genericamente, senza alcun riferimento alla specifica disciplina del contratto collettivo.
Quanto al motivo di impugnazione sub e), andava rilevato quanto segue.
A tal fine il ccnl disponeva, che “ Il lavoratore, entro il termine perentorio di 10 giorni dalla data di ricevimento della contestazione, potrà chiedere di essere sentito a sua difesa con la facoltà di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. 8. La sanzione disciplinare dovrà essere inviata dall’impresa al lavoratore entro e non oltre 20 giorni dalla scadenza del termine di 10 giorni stabilito dal precedente comma 7.”
Nel caso in esame, il Tribunale di Vicenza non individuava alcuna violazione procedurale, dal momento che il termine dilatorio di 10 giorni è riferito all’ipotesi in cui il lavoratore chieda di essere sentito con l’assistenza dell’organizzazione sindacale di appartenenza e non, come nel caso in esame, quando renda per iscritto le proprie giustificazioni. In ogni caso, il licenziamento è stato comunicato l’11° giorno successivo alla contestazione disciplinare.
Pertanto il ricorso del lavoratore veniva rigettato con conseguente declaratoria di legittimità del licenziamento così come intimato.
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Paolo Ioele 25/09/2021
Legittimo il licenziamento per chi offende un Collega di Lavoro
Con Ordinanza del 17.09.2021, il Tribunale di Salerno - sezione lavoro - rigetta il ricorso, avente ad oggetto l' impugnativa di licenziamento, di un dipendente, il quale si era reso protagonista di comportamento inurbano nei confronti di una collega di lavoro.
Infatti il lavoratore, durante l'orario di lavoro, aggrediva verbalmente una collega definendola "ignorante", in presenza di altre persone.
La società - patrocinata in giudizio dallo Studio Ioele - si vedeva costretta, per tale condotta, a comminare il licenziamento per giusta causa ex art. 2119 c.c.
Il provvedimento veniva impugnato dal dipendente sulla base di asseriti motivi ritorsivi perpretati in suo danno dal datore di lavoro.
Dopo una intensa istruttoria nella quale venivano ascoltati diversi testimoni, il Giudice del Lavoro - udite le conclusioni dei difensori - osservava:
" Il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento
il ricorrente impugna il licenziamento irrogatogli dalla Società innanzitutto sotto il profilo del carattere ritorsivo del provvedimento espulsivo . Il ricorrente , infatti , sostiene che il licenziamento avrebbe come unico motivo illecito e determinante la reazione della società a leciti comportamenti da lui posti in essere per rivendicare i diritti nascenti dal rapporto di lavoro e , in particolare , il giusto inquadramento contrattuale.
Detto motivo di doglianza è tuttavia privo di fondamento . La Suprema Corte di Cassazione , infatti , è ferma nel ritenere che per affermare il carattere ritorsivo e quindi la nullità del provvedimento espulsivo , in quando fondato su un motivo illecito , occorre specificamente dimostrare che l’intento discriminatorio e di rappresaglia per l’attività svolta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro , anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso. (Cass. n. 9468 del 4.4.2019; Cass. 27325/2017 ) .
La natura ritorsiva del licenziamento non solo deve essere provata dal lavoratore , ma deve emergere come causa determinante del recesso , nel senso che l’ingiusta e arbitraria reazione deve costituire l’unica ragione del provvedimento espulsivo (Cass. n. 14753 del 2000).
In tali casi , quindi , è necessario dimostrare che il recesso sia stato motivato esclusivamente da un intento vendicativo da parte del datore di lavoro a fronte di una condotta legittima del lavoratore
nel caso di specie , la prova orale ha confermato che il ricorrente ha effettivamente posto in essere la condotta contestata con la lettera di addebito e la stessa descrizione dei fatti operata in ricorso conferma gli ulteriori addebiti menzionati nella lettera di licenziamento evidenziando come il provvedimento espulsivo abbia rappresentato la conseguenza , non di legittime rivendicazioni del lavoratore , quanto piuttosto la reazione ai perduranti comportamenti scorretti e insubordinati tenuti dallo stesso .
Ed invero , i testimoni escussi nel corso dell’istruttoria hanno riportato in maniera puntuale i fatti accaduti confermando l’oggetto della contestazione , vale a dire il tono aggressivo utilizzato dal ricorrente nei confronti di altra lavoratrice , tale da crearle uno stato di malessere e l’allontanamento dal lavoro , la presenza in azienda di terze persone che , pur stazionando in una stanza diversa , udivano i toni del colloquio tanto che si rendeva necessario intervenire nei confronti del ricorrente perché moderasse i toni, l’assenza di un rapporto di gerarchia tra il ricorrente e la collega aggredita..."
Emerge, dunque, la condatta inurbana adottata dal dipendente nei confronti della collega e ciò a prescindere dal ruolo gerarchicamente sovraordinato che il ricorrente asserisce di aver rivestito. Anche una posizione di potere , infatti , non può giustificare i toni offensivi e lesivi della dignità della lavoratrice utilizzati nell’episodio in questione , nel quale la malcapitata viene tacciata di ignoranza e ironicamente carente di fosforo.
Viene così confermata la legittimità del licenziamento, anche perchè con il suo comportamento, il ricorrente ha alterato, altresì, la funzionalità aziendale determinando l’abbandono del posto di lavoro da parte della collega offesa ed il suo malessere, ledendo l’immagine aziendale per la presenza di soggetti terzi .
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